SUL CONCETTO DI ABITARE
La casa a prescindere dalla condizione di chi la abita, è sovente conformata a partire da un’idea astratta di come debba essere, un misto tra ciò di cui si ha bisogno profondamente e ciò che è indotto da condizionamenti esterni, principalmente legati alla necessità di rappresentare di sé.
La differenza tra chi sa abitare e chi no non dipende necessariamente dalla condizione economica o dagli spazi a disposizione, ma proprio dalla “capacità di abitare”.
Molte case concepite finora non rispondono più alle nostre esigenze, sia come individui sia come società, al punto di contribuire a creare segregazione, solitudine, depressione, problemi di salute e persino la tendenza a consumare in eccesso. (appartamento, spazio in cui ci si apparta, non ci si relaziona)
Sentirsi in equilibrio con l’ambiente che ci circonda é una sensazione rara di benessere ma che è necessario ricercare.
La si può percepire in momenti inaspettati delle nostre giornate, o rincorrere con costanza pur se inconsapevolmente, per la vita intera. Spesso è sentita come un’esigenza fisica ma nasconde in realtà un bisogno primordiale dell’essere umano. E’ una ricerca personale e anche collettiva.
L’esperienza dell’equilibrio ci permette di cogliere lati nuovi di noi e di trovare una sintonia con le persone e con la natura.
“Abbiamo bisogno di una casa in senso psicologico tanto quanto ne abbiamo bisogno in termini fisici: per compensare una vulnerabilità” scriveva Alain de Botton qualche tempo fa in un articolo sull’Independent dedicato proprio all’idea di casa. “Abbiamo bisogno di un rifugio per sostenere i nostri stati d’animo, perché gran parte del mondo si oppone alle nostre alleanze. Abbiamo bisogno delle nostre stanze per allinearci alle versioni desiderabili di noi stessi e per mantenere vivi i nostri lati importanti ed evanescenti”. Alain de Botton. Architettura e Felicità
La casa – nel suo binomio protezione/relazione- al di là delle sue dimensioni, deve rappresentarci e gli spazi devono permettere e favorire la complessità della vita dell’individuo e della comunità, della famiglia.
La casa come rifugio e presidio è stata l’elemento più importante della pandemia, un luogo, un oggetto terapeutico che ci ha aiutato a superare il periodo di isolamento. Ognuno ha riscoperto piaceri e rituali da vivere all’interno dello spazio abitativo e capito che Il vero lusso sta nella qualità degli spazi, nella qualità e quantità delle loro relazioni.
La casa, la dimora, il rifugio, ha delle delimitazioni che nascono da un’esigenza di protezione ma allo stesso tempo di scambio, di filtro (pensiamo agli elementi naturali innanzitutto: sole-luce, aria, acqua).
La delimitazione, il confine, dovrebbe essere poroso.
Da questa porosità, deriva un modo diverso di relazionarsi con le persone, con i vicini, con la comunità, con l’alterità; un nuovo modo di relazionarsi con la terra e con gli elementi naturali. La casa, la proprietà privata, si contamina, a beneficio di chi ci abita.
Gaston Bachelard parla ne La poetica dello spazio a proposito dei quattro elementi classici aria, acqua, fuoco, terra: “Ciascuno di questi elementi è come una patria per ogni uomo, il sacramento naturale che gli arreca forza e felicità”
Siamo portati a credere che il confine delle nostre case stia sulla soglia, ma ci dimentichiamo che fanno parte di uno spazio fisico più ampio, di uno scenario allargato, globale: flussi di energia, infrastrutture, ecosistema, ambiente.
Casa: è un pezzo di mondo infinitesimale ma è in rapporto con il tutto.
Come vivi la casa vivi il tutto, la “madre terra”, il rapporto con l’ambiente e con gli altri“.
La soglia della casa è il cardine dello spazio creato dall’abitare: la terra abitata si estende da entrambi i lati della soglia” Ivan Illich