Restituire una memoria o Rigenerare l’edificio e la sua memoria? La lettura critica dell’impianto del manufatto originale nella sua interezza – fino a ricalcarne il sedime – offre l’individuazione dei principali elementi compositivi che hanno guidato il processo progettuale:

– il limite, il “bordo” di confine che segna il dentro e il fuori

– il nucleo centrale dove si fa e si fruisce arte; sale espositive e laboratori

– il patio, lo spazio nato dalla relazione fra il “bordo” e il nucleo”

Il percorso di ingresso, posto trasversalmente all’asse principale dell’edificio, si configura come una sorta di transetto che insieme all’asse longitudinale del manufatto preesistente fa suo l’incrocio del cardo e del decumano della città di Amatrice. Nasce dall’esigenza di voler connettere maggiormente l’edificio alla città, di voler far entrare parte del tessuto cittadino all’interno del nuovo centro culturale utilizzando il vicolo stesso come parte del progetto, uno spazio-filtro naturale, l’unico adeguato spazio sicuro in caso di eventi.  L’ex chiesa di San Giuseppe permane fisicamente nel nuovo manufatto. I muri in calcestruzzo realizzato con gli inerti provenienti dai muri e dalle macerie della ex chiesa e dagli edifici circostanti diventano essi stessi memoria. Il conglomerato sarà composto da cemento bianco, pigmenti naturali e inerti di recupero delle macerie.

La facciata si esprime come dualismo di materia ed idea, di profondità e superficie. Abbiamo trattato la facciata e la sua materia grezza come un elemento tangibile, segno della memoria perduta in quanto le cose quando rinascono si trasfigurano riattualizzandosi. Analogamente all’effetto delle tecniche fotografiche antiche su lastra o a quelle artistiche come le incisioni, abbiamo pensato la facciata della chiesa come una matrice dove è impresso in bassorilievo il calco del portale barocco dell’ex chiesa.